La mia è intelligente!

Non è il futuro prossimo, non è tra qualche decennio, non è solo visto in un film di fantascienza: è oggi, è tra noi, tutti i giorni. Siamo nell’era della casa intelligente! E già domani ci sarà una nuova app, una nuova tecnologia, un nuovo device per trasformarci il modo di vivere la nostra quotidianità.

Oggi ci immergeremo nel meraviglioso mondo della domotica, dove la tecnologia incontra il comfort e la comodità nella nostra vita in casa: preparatevi a scoprire come trasformare la vostra casa in un luogo smart e connesso!

La domotica, o automazione domestica, ha rivoluzionato, e continua a farlo, la nostra esperienza in casa: grazie a dispositivi intelligenti, è possibile controllare luci, termostati, telecamere di sicurezza, tende e tapparelle, interruttori e molto altro, il tutto con un semplice tocco su uno smartphone o un comando vocale.

Dietro tutto ciò c’è una potente programmazione software, con algoritmi dedicati al controllo e alla regolazione, secondo quanto la tecnologia ci permette e la nostra fantasia richiede.

Immaginiamo di poter regolare la temperatura della nostra casa prima di tornare dal lavoro, accendere e spegnere le luci da qualsiasi parte del mondo, o persino ricevere notifiche in tempo reale sulla sicurezza della nostra abitazione: beh, la domotica ci offre il potere di personalizzare il nostro ambiente in base alle nostre esigenze.

Si, è vero, fino a ieri eravamo abituati a termostati programmabili, a sensori di presenza, a telecamere di sorveglianza, a tapparelle elettriche, a interruttori con potenziometri per regolare l’intensità luminosa delle lampade: ma, a parte che era un privilegio di pochi, oggi siamo andati oltre, tanto oltre, e, soprattutto, questa tecnologia è semplice da installare e abbordabile economicamente per tutti.

Quindi, prepariamoci a vivere una vita più comoda, sicura ed efficiente grazie alla domotica, perché è il momento perfetto per esplorare come rendere la nostra casa più intelligente e connessa, direi viva: la rivoluzione tecnologica è a portata di mano, e il prossimo futuro dell’automazione domestica è davvero eccitante.

Il potere del controllo: grazie alla domotica, abbiamo il controllo completo della nostra casa letteralmente tra le dita. Con un semplice tocco sul nostro smartphone o tramite comandi vocali, possiamo regolare le luci, il riscaldamento, l’aria condizionata e persino la sicurezza della nostra abitazione. È come avere un assistente personale pronto ad esaudire ogni nostro desiderio! L’integrazione con assistenti vocali come Alexa o Google Home ci permette anche di controllare la nostra casa con la semplice parola.

Risparmio energetico: la domotica è un alleato prezioso per il risparmio energetico. Grazie alla programmazione intelligente, possiamo ottimizzare l’uso delle risorse, riducendo i consumi energetici e contribuendo alla sostenibilità ambientale. Ad esempio, possiamo impostare l’accensione e lo spegnimento automatico delle luci in base al nostro programma giornaliero, o regolare la temperatura in base alle nostre preferenze.

La domotica ci consente di monitorare e gestire il consumo energetico in tempo reale, aiutandoci a identificare le aree in cui possiamo fare ulteriori risparmi. Il risultato di tutto questo? Un minore impatto ambientale e un risparmio significativo sulle bollette.

Scegliere la domotica non è solo un passo verso un futuro più intelligente, ma anche verso un pianeta più verde. Una casa intelligente è anche una casa responsabile dal punto di vista ambientale, contribuendo alla conservazione e all’utilizzo razionale delle risorse energetiche.

Sicurezza a portata di mano: la domotica offre soluzioni avanzate per la sicurezza domestica. Possiamo controllare telecamere di sorveglianza, sensori di movimento e sistemi di allarme direttamente dal nostro smartphone, ovunque ci troviamo. Riceviamo notifiche in tempo reale in caso di eventi sospetti, garantendo tranquillità e protezione per noi e la nostra famiglia.

La nostra casa diventa più sicura e controllabile che mai, sia che siamo al lavoro, in vacanza o semplicemente a pochi passi di distanza, possiamo monitorare costantemente l’ambiente domestico.

La domotica ci dà gli strumenti per garantirci una certa tranquillità e un senso di protezione in casa: con la tecnologia al nostro servizio, possiamo riposare sapendo che è monitorata e protetta 24 ore su 24. Poi, qualcuno può sempre tentare di entrare e di commettere atti illeciti, ma come minimo gli abbiamo reso la vita difficile, molto difficile.

Personalizzazione e comfort: la domotica si adatta alle nostre preferenze personali. Possiamo creare scenari preimpostati per diverse situazioni, come “Home Cinema” per una serata di film o “Risveglio” per iniziare la giornata in modo piacevole. Le nostre impostazioni personalizzate rendono la nostra casa un luogo ancora più accogliente e confortevole.

Immaginiamo di poter configurare la casa, esattamente come la desideriamo, con un semplice tocco: regoliamo le luci, le tende, la temperatura e persino la musica in base al nostro umore e quello che ci viene in mente di fare. Voglio creare un’atmosfera romantica per una cena a due? Basta selezionare il mio scenario “Cena romantica”. Voglio un’illuminazione vivace per una serata di festa? Il mio scenario “Festa” farà il trucco all’ambiente.

La tecnologia si fonde con la vita quotidiana, offrendo un livello di comfort e di funzionalità che non avremmo mai immaginato, e in maniera davvero semplice.

La domotica mette il potere nelle nostre mani, offrendo un’esperienza personalizzata che si adegua alle nostre pretese e al nostro stile di vita. La comodità e la tranquillità sono a portata di mano, grazie a un sistema che è veramente al nostro servizio.

La domotica è una rivoluzione che ci permette di sfruttare al massimo il potenziale della tecnologia nella nostra casa, trasformando il nostro spazio in un luogo intelligente e connesso, dove il comfort, la sicurezza e il risparmio energetico ci seguono come cagnolini fedeli. Ma siamo pronti a vivere nel futuro? Dobbiamo farlo, perché è già il nostro presente.

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Accendi quella vetrina!

Camminiamo sui nostri marciapiedi e ci imbattiamo in vetrine affascinanti di negozi, caffè invoglianti, parrucchieri super moderni e freschi, e poi invece…

Già, nel mondo competitivo delle agenzie immobiliari il rapporto tra l’agente e la vetrina è un aspetto spesso sottovalutato ma di fondamentale importanza. Ma perché mai: quali sono i motivi che spingono le agenzie a mantenere impersonali e scialbe le bacheche? Le agenzie immobiliari si trovano ad affrontare il dilemma di come presentare i propri annunci e le opportunità di vendita in modo efficace, e la vetrina rappresenta proprio un punto di partenza.

Però molte vetrine perdono l’opportunità di sedurre e coinvolgere i potenziali clienti: i motivi sono molteplici e meritano un’attenta considerazione.

Le vetrine, ed è un vero peccato, appaiono anonime, riempite da foto dei palazzi ripresi dall’esterno, che quasi sempre ritraggono edifici che appaiono poco attraenti o addirittura fatiscenti: invece è importante mostrare la gamma di proprietà che l’agenzia ha a disposizione, e queste immagini non fanno altro che respingere invece di attrarre i potenziali acquirenti.

Anche quando troviamo vetrine luminose e apparentemente eleganti, purtroppo si concentrano più sull’edificio stesso che sugli appartamenti in vendita, e ciò crea una disconnessione tra ciò che il cliente cerca e ciò che gli viene presentato: gli acquirenti desiderano vedere l’interno delle proprietà, immaginare la loro vita in quegli spazi, e le vetrine non devono trascurare questo aspetto fondamentale.

E poi quei cartelli! Nella vetrina vengono spiattellate informazioni troppo sommarie e confuse, manca una logica nella presentazione dei contenuti e i dati essenziali sono sparsi in modo disorganizzato: rendiamoci conto che questo delude i clienti, che molto probabilmente apprezzano e cercano una visione chiara delle opportunità disponibili.

Un elemento chiave assente nelle vetrine delle agenzie immobiliari sono i render degli appartamenti e le ipotesi di ristrutturazione: gli acquirenti spesso desiderano vedere come una proprietà potrebbe essere migliorata o personalizzata, ma l’assenza di queste rappresentazioni visive sottrae un’immagine chiara del potenziale di una casa e non incoraggia all’acquisto.

Per migliorare il rapporto tra l’agente immobiliare e la vetrina dell’ufficio, è necessaria, secondo me, una metamorfosi, con un deciso adattamento alle esigenze specifiche del cliente, sia una famiglia, sia una coppia giovane, sia un disabile, sia.. chiunque esso sia.

E allora, care agenzie, dedicate uno spazio significativo alle foto, quelle belle, è chiaro, degli interni delle proprietà, perché queste immagini devono mostrare gli spazi abitativi in modo invitante e accattivante, e organizzate le informazioni in modo logico e chiaro, visto che in vetrina bisogna trovare già i dettagli completi sulle proprietà, specialmente le dimensioni, quelle vere, quelle delle superfici calpestabili, il numero di stanze, dei servizi e il prezzo, in modo trasparente e cristallino.

E sfruttate questa benedetta tecnologia per migliorare la vostra vetrina! Schermi interattivi o vetrine digitali offrono un’esperienza più appassionante e non ti fanno schiodare via dopo pochi istanti.

Rinnovate il rapporto con la vetrina del vostro ufficio, trasformandola in un potente strumento di marketing: la chiave sta nell’adattare la presentazione degli immobili alle aspettative e ai desideri dei clienti, offrendo informazioni complete, limpide e visivamente coinvolgenti.

 

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Dobbiamo tutti studiare!

E seduti comodi sul divano ascoltiamo di lavoratori che muoiono, di altri che si fanno male in maniera seria, di altri che sono stressati, di altri che si prendono denunce per aver trattato male colleghi e colleghe, di operai schiacciati, o che cadono da un ponteggio, o che vengono intrappolati con un braccio dentro un rullo e… vabbè, mi fermo qui.

Sarebbe bello con uno schiocco delle dita, magari uno schiocco divino, mettere fine a questa carneficina, alla quantità enorme di feriti e morti sul lavoro, senza parlare di tutte le malattie professionali legate alle attività che si svolgono mentre facciamo il nostro dovere lavorativo.

Invece quello schiocco non c’è e non ci sarà mai, e quello che è nelle possibilità umane è cercare di limitare i danni e imparare a lavorare con il massimo della prudenza, capendo cosa facciamo, come dobbiamo farlo, con quali precauzioni, con quali misure di sicurezza.

Imparare, si, ma come? Con la formazione: è l’unica arma per evitare di essere scaraventati impreparati e inconsapevoli in cantiere, in fabbrica, in ufficio, insomma, in qualunque posto di lavoro, affinché tutti i dipendenti abbiano l’opportunità di acquisire le conoscenze e le competenze necessarie per svolgere il proprio lavoro in sicurezza.

La formazione inerente alla sicurezza sul lavoro è un imperativo per la prevenzione degli infortuni, in ogni azienda. Attraverso questo processo didattico vengono trasferite conoscenze e procedure essenziali per acquisire competenze che consentano di svolgere attività in modo sicuro.

In Italia, l’obbligo di fornire formazione ai lavoratori è sancito dall’articolo 37 del Decreto Legislativo 81/2008, che stabilisce chiaramente che il datore di lavoro è responsabile di fornire una formazione adeguata ai suoi dipendenti sulle questioni relative alla sicurezza sul lavoro, indipendentemente dal settore di attività e dalla dimensione: questo significa che tutte le imprese, che abbiano almeno un lavoratore, sono tenute a garantire una formazione adeguata, senza alcun costo per i lavoratori e durante l’orario lavorativo.

La formazione dei lavoratori deve rispettare requisiti specifici e contenuti ben definiti. Questi requisiti sono stabiliti sia nel Decreto Legislativo 81/08 che nell’Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011.

Tutti i lavoratori sono tenuti a seguire un percorso formativo che presenta due livelli: un modulo di formazione generale, di durata minima di 4 ore, simile per tutti i lavoratori, indipendentemente dal settore di appartenenza dell’azienda, e che copre le nozioni fondamentali di sicurezza sul lavoro e fornisce le basi per prevenire gli infortuni, poi un modulo di formazione specifica, mirato ai rischi specifici dell’attività lavorativa e alle procedure di lavoro, comprese le situazioni di emergenza.

La durata minima della formazione specifica varia a seconda dei rischi legati alle mansioni e alle caratteristiche del settore dell’azienda, 4 ore per aziende a Rischio Basso, ad esempio uffici e attività artigianali, 8 ore per aziende a Rischio Medio, come l’agricoltura e la scuola, 12 ore per aziende a Rischio Alto, come le industrie, le costruzioni e la sanità.

L’Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011 stabilisce anche l’obbligo del datore di lavoro di fornire un aggiornamento della formazione in materia di salute e sicurezza a tutti i lavoratori.

Ogni 5 anni i lavoratori devono effettuare un aggiornamento di durata minima di 6 ore, in modo da assicurare di stare sempre al passo con le ultime normative e procedure in materia di sicurezza sul lavoro.

Il passo successivo, di cui non si può fare a meno, è l’addestramento: la teoria della formazione, se non si mette in pratica con l’addestramento, si perde prima o poi nei meandri della nostra mente, e si rischia di rendere arido e inutile quello che abbiamo imparato in aula o davanti allo schermo di un computer.

E allora formazione, informazione e addestramento si traducono in conoscenza delle procedure di sicurezza e delle regole sul posto di lavoro, consapevolezza dei rischi, uso corretto dell’attrezzatura, comportamenti sicuri e prudenti: la conseguenza sarà la riduzione degli infortuni, la riduzione dei costi associati agli incidenti, l’incremento della produttività e una migliore reputazione aziendale.

Mettiamocelo bene in testa: la formazione in materia di sicurezza sul lavoro è essenziale per prevenire infortuni, proteggere i lavoratori e promuovere un ambiente di lavoro sano e sicuro: le aziende devono considerarla come una priorità assoluta, un investimento, proprio come se si trattasse di un macchinario all’avanguardia di cui non si può fare a meno.

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Non ci salgo!

Oggi andiamo in cantiere e guardiamo in alto, con operai che camminano, lavorano e si muovono con gli attrezzi del mestiere anche a molti metri da terra, su piani e scalette che ci fanno venire le vertigini solo a guardarli.

Qualcuno può pensare che la realizzazione di un ponteggio sia un processo semplice, ma in realtà è un’attività articolata che richiede attenzione ai dettagli e competenze tecniche.

Quando si tratta di lavori edili, la realizzazione di ponteggi è un’operazione comune, ma spesso trascurata in termini di progettazione: questa non è solo importante, ma assolutamente obbligatoria quando ci si trova di fronte a situazioni non standard o complesse.

È un aspetto spesso sottovalutato, ma va considerato con la massima attenzione, poiché ha un impatto diretto sulla sicurezza del cantiere: i ponteggi sono elementi essenziali nel settore delle costruzioni e delle ristrutturazioni, che garantiscono il corretto svolgimento dei lavori.

Un progetto accurato prima dell’installazione è essenziale per garantire la stabilità strutturale, la resistenza agli agenti atmosferici e la sicurezza dei lavoratori e dei passanti: il progetto include informazioni dettagliate sul tipo di ponteggio da utilizzare, la posizione delle staffe di ancoraggio, i punti di accesso, le protezioni laterali.

Inoltre, il progetto deve prevedere la gestione delle emergenze, come la prevenzione delle cadute e le procedure di evacuazione.

È importante sottolineare che un progetto accurato per i ponteggi richiede capacità tecniche specializzate e la conoscenza delle normative di sicurezza e di costruzione applicabili: è consigliabile, per dirla facile, affidarsi a professionisti qualificati, come ingegneri strutturali o esperti nel settore dei ponteggi, per sviluppare il progetto in conformità alle norme di riferimento, e soprattutto per far lavorare al sicuro gli operai

In caso di occupazione del suolo pubblico, poi, le autorizzazioni per l’installazione dei ponteggi sono un requisito fondamentale per adeguarsi alle regole locali: si richiede una autorizzazione alle autorità competenti, i vigili urbani, che effettuano una valutazione approfondita del progetto, analizzando i rischi e le misure di sicurezza adottate.

Una corretta pianificazione e progettazione dei ponteggi non solo garantisce la sicurezza dei lavoratori, ma anche un flusso di lavoro efficiente e una riduzione dei tempi di realizzazione: un progetto ben eseguito tiene conto dei vincoli dello spazio di lavoro, delle necessità specifiche del cantiere e delle peculiarità dell’edificio stesso, consentendo una migliore organizzazione e ottimizzazione delle risorse.

E allora lavoriamo con la consapevolezza che l’incolumità è il valore più grande di un lavoro ben fatto: un ponteggio progettato correttamente offre un ambiente di lavoro sicuro, riducendo il rischio di incidenti o cadute, tenendo conto anche del peso da sostenere e delle condizioni climatiche.

Un ponteggio ben progettato aumenta l’efficienza del cantiere, consentendo agli operai di accedere facilmente alle aree di lavoro, riducendo periodi morti e migliorando la produttività: è un bel risparmio, tra l’altro, di tempo e denaro, perché una progettazione accurata significa che il ponteggio sarà costruito una sola volta, senza la necessità di modifiche costose o ritardi dovuti a problemi imprevisti.

 

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Pari e patta

La parità di genere è un principio fondamentale che promuove l’uguaglianza tra uomini e donne in tutti gli aspetti della società, economia, istruzione, salute, politica, compreso il mondo del lavoro: per garantire una cultura aziendale inclusiva e contrastare la diversità di genere, le organizzazioni stanno sempre più adottando sistemi di gestione specifici.

I paesi più evoluti da questo punto di vista stanno a Nord, e sono Islanda, Norvegia, Svezia e Finlandia, ma nessuno al mondo ha ancora schiacciato la differenza tra uomini e donne riguardo ai temi inerenti al gender gap: su 156 nazioni prese in considerazione l’Italia è al 63° posto in classifica, ma se osserviamo il tema economia, legato al mondo del lavoro in ogni suo aspetto, siamo solo al 114° posto.

A marzo del 2020, l’Unione Europea ha presentato il documento Gender Equality Strategy 2020-2025, che detta proprio la strategia per la parità di genere, con obiettivi e misure fondamentali ritenuti necessari per conseguire la parità di genere entro il 2025: l’Italia ha recepito questa direttiva tramite il Ministero delle Pari Opportunità già da luglio 2021, e per le aziende che ottengono la Certificazione di parità di genere sono previsti sgravi contributivi e punteggi maggiori nella partecipazione a bandi pubblici.

Uno dei sistemi di gestione studiati è basato sulla Prassi di Riferimento UNI PDR 125:2022, che introduce l’uso di indicatori chiave di prestazione, i KPI, per valutare e migliorare le politiche relative nelle organizzazioni: esaminiamo come questi strumenti possono aiutare le aziende a promuovere l’uguaglianza di genere.

La UNI PDR 125-22 fornisce un quadro strutturato per la creazione, l’implementazione e la valutazione delle politiche di uguaglianza di genere, per aiutare le imprese a identificare, affrontare e monitorare le disuguaglianze nelle loro attività.

I KPI, ovvero gli indicatori chiave di prestazione, svolgono un ruolo cruciale nell’attuazione efficace delle politiche di parità di genere, perché misurano l’andamento delle iniziative volte a promuovere la parità e forniscono dati quantitativi per valutarne il progresso: vediamo alcuni esempi di KPI legati alle politiche di parità di genere.

Percentuale di donne in posizioni di leadership: questo KPI misura quanti dirigenti di sesso femminile ci sono in posizioni di responsabilità all’interno dell’organizzazione, considerando che un aumento di questa percentuale indica un progresso verso l’uguaglianza di genere.

Differenze salariali di genere: si analizzano le differenze retributive tra uomini e donne all’interno dell’organizzazione, dove una riduzione di queste differenze indica un maggior livello di equità salariale.

Tasso di assunzione e promozione di donne: si controlla quanti uomini e donne vengono assunti o promossi in posizioni chiave, visto che un equilibrio tra i sessi in queste decisioni è un segno positivo.

Per utilizzare con successo i KPI nelle politiche di parità di genere, le organizzazioni devono seguire alcuni passi chiave nel proprio processo di valutazione.

Prima di tutto la definizione degli obiettivi, chiari e realistici per quanto riguarda la parità di genere, poi la raccolta dati, accurati e affidabili, per monitorare i KPI, l’analisi dei risultati, grazie ai dati raccolti che devono essere regolarmente analizzati per identificare tendenze e aree in cui sono necessari perfezionamenti, e infine le azioni correttive e i miglioramenti: sempre sulla base dei dati, le organizzazioni devono prendere contromisure per affrontare le disuguaglianze di genere e raggiungere gli obiettivi stabiliti.

L’uso dei KPI nelle politiche di parità di genere è essenziale per valutare il progresso e garantire che le azioni intraprese abbiano un impatto positivo: attraverso l’implementazione di questi strumenti e l’impegno continuo, le aziende possono contribuire a creare ambienti di lavoro più equi e inclusivi per tutti, indipendentemente dal genere.

Non sottovalutiamo il fatto che la certificazione dell’azienda per la UNI PDR 125-22 è sempre più richiesta dalle imprese lungimiranti, anche perché è già entrata nella lista dei requisiti per la partecipazione a gare pubbliche: ma lo scopo va oltre, e si cerca di consolidare il nuovo modello della parità di genere nel tessuto stesso delle organizzazioni, creando un reale cambiamento culturale.

Quindi facciamoci un nodo al fazzoletto e diamoci appuntamento al 2025 per vedere i risultati, sia qui da noi sia nel resto d’Europa: per l’Iran e paesi simili abbiamo, per forza di cose, meno influenza diretta sulla condizione delle donne, e l’unica arma è opporsi, divulgare, trasmettere, parlarne quanto più possibile, per strada, nei media, negli eventi dedicati, nella consegna di premi Nobel!

A Claudia Golin è stato conferito il premio Nobel per l’economia, per i suoi studi sulla disparità di genere nel mondo del lavoro, e questa è una notizia che piace a chi si batte per i diritti delle donne e per l’eliminazione del gender gap.

Ma se tutto rimane su carta non serve a niente: l’impegno per l’uguaglianza di genere non deve essere visto come un’iniziativa temporanea, ma come una parte integrante della missione aziendale: il monitoraggio costante dei progressi e l’adattamento alle mutevoli esigenze sono essenziali per mantenere la trasformazione nel tempo.

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Grazie, ma faccio da solo!

Spesso, quando dobbiamo realizzazione di un progetto, ci troviamo di fronte a una scelta cruciale: affidarci a una consulenza tecnica o tentare di intraprendere il percorso da soli. La frase “come fai a realizzare un progetto senza aver un ingegnere accanto?” coglie perfettamente il dibattito su questo argomento. In questo articolo, esploreremo le sfide e le opportunità di realizzare un progetto senza il tecnico di fiducia.

È innegabile che la consulenza tecnica offra numerosi vantaggi: gli esperti del settore hanno conoscenze e competenze specifiche che sono fondamentali per il successo di un progetto. Sono in grado di fornire una prospettiva esterna e obiettiva, valutare fattibilità, rischi e opportunità, e offrire soluzioni tecniche e strategiche mirate.

Teniamo sempre a mente che la consulenza tecnica può aiutare a evitare costosi errori e ritardi, garantendo un processo più efficiente e una migliore qualità del lavoro.

Però ci sono situazioni in cui non è possibile o pratico ottenere una consulenza tecnica, magari pe una questione di limiti di budget o di risorse, o semplicemente una scelta intraprendente per sviluppare competenze personalmente: e allora, se è questo il caso, è importante affrontare alcune sfide chiave e sfruttare le opportunità che si presentano.

La prima sfida è l’acquisizione di conoscenze e capacità tecniche necessarie per il progetto, perché, senza una consulenza esperta, sarà basilare investire tempo e sforzi nella ricerca e nello studio del settore appropriato. E allora rimbocchiamoci le maniche e cerchiamo l’accesso a risorse come libri, corsi online, tutorial o collaborazioni con esperti occasionali. Banale a dirlo, ma è indispensabile essere disposti a imparare, adattarsi e sviluppare una buona comprensione dei concetti tecnici. quelli rilevanti e quelli che ci sembrano marginali.

Realizzare un progetto senza assistenza tecnica specialistica offre opportunità significative, perché è un’occasione per conquistare nuove consapevolezze e nuove nozioni, ampliando così la propria base del sapere. Questa esperienza ci porta direttamente a una maggiore fiducia nelle proprie capacità, e magari alla possibilità di assumere ruoli di leadership in progetti futuri in team.

Una seconda sfida è la gestione dei rischi: se facciamo da soli un progetto, sicuramente è più difficile identificare e valutare i rischi associati, per anticipare i potenziali problemi e stabilire programmi di azione. Questo richiede una rigorosa pianificazione, un’analisi dettagliata dei requisiti richiesti, ma anche una valutazione onesta delle proprie capacità e dei propri limiti, nella massima umiltà: in questa situazione sono la comunicazione aperta e la collaborazione con altre persone da coinvolgere la chiave per evitare fallimenti clamorosi.

Senza ombra di dubbio la realizzazione di un progetto senza l’aiuto di un esperto può essere un’opportunità per costruire una rete di contatti e collaborare con altre persone che condividono gli stessi interessi e obiettivi: per questo è importante cercare comunità online, gruppi di discussione o eventi in cui è possibile scambiare informazioni ed esperienze con altre persone.

Avete presente i bambini, quando gli date una corda, e con la loro fantasia la utilizzano in modi stravaganti che a noi neanche lontanamente ci sarebbero venuti in testa? E invece di saltarci, secondo tradizione, la fanno diventare il cerchio di centrocampo per una partita di pallone, o un cavo appeso tra due montagne su cui camminare in equilibrio? Ecco, la mancanza di consulenza tecnica può incoraggiare un pensiero innovativo e creativo: quando si è liberi dagli schemi e dalle restrizioni, si possono trovare soluzioni non convenzionali che portano a risultati sorprendenti, perché la sfida di risolvere problemi complessi da soli stimola la creatività e la motivazione personale.

Se posso dire la mia, trovate motivazione nelle vostre capacità, che già avete dentro di voi! E poi, magari per approfondire, per studiare meglio, seguite pure uno di quei corsi motivazionali, che, sembra, sono in grado di incoraggiare la gratificazione, scatenare il guerriero che è in noi, stimolare la felicità, invogliare all’impegno e di dimostrare i possibili metodi universali per il successo.

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Dietro il trend

Negli ultimi giorni, l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato dati allarmanti riguardo alle compravendite immobiliari in Italia: una significativa diminuzione rispetto agli anni precedenti. Questo trend ha destato preoccupazione tra gli osservatori del mercato immobiliare e gli addetti ai lavori, portando alla necessità di comprendere cosa potrebbe essere alla base di questa diminuzione e quali prospettive si delineino per il futuro.

E allora sorgono spontanee serie domande sullo stato attuale del settore e su cosa ha contribuito a questa tendenza negativa: cerchiamo qui di esaminare le cause di questa diminuzione, i numeri delle grandi città, il ruolo dei progetti di rigenerazione urbana, l’importanza degli investitori e le prospettive per il prossimo futuro.

Beh, la prima spiegazione quantomeno plausibile per questo andamento è per forza legata alla situazione economica generale: si, è vero, ormai è un lontano ricordo, ma eventi come la pandemia e le relative conseguenti incertezze finanziarie hanno inevitabilmente influenzato la decisione delle persone di posticipare l’acquisto o la vendita di immobili, o addirittura di rinunciarci.

A parte i bonus edilizi per l’efficientamento energetico e per la manutenzione degli immobili, a cui si è legato spesso anche l’acquisto di mobili ed elettrodomestici, la normativa di settore non ha subito cambiamenti degni di nota, e così per una volta non sono le leggi e i cavilli burocratici a poter essere annoverati tra le cause che hanno scoraggiato potenziali acquirenti e venditori.

Tranne magari a Firenze, dove chi aveva intenzione di comprare case per trasformarle in B&B si è visto tarpare le ali dalla proposta del consiglio comunale di vietare la creazione di nuove strutture extralberghiere: e non commentiamo qui la notizia, riservandoci di approfondirla prossimamente, per interesse della libertà e dei diritti sulla proprietà privata.

Quando pensiamo alle nostre grandi città, qui il mercato immobiliare ha sempre attirato una grande e costante attenzione: è interessante però notare che si è verificata una oscillazione di comportamento, con città che hanno visto una maggiore stabilità o addirittura una crescita nel settore, mentre altre hanno registrato una diminuzione delle transazioni.

Come ci ha illustrato Fabiana Megliola, Responsabile Ufficio Studi Tecnocasa, ai microfoni di Bricks & Music su Casa Italia Radio, i comuni più piccoli hanno avuto un calo inferiore rispetto a quelli più grandi: Milano, ha avuto addirittura una diminuzione del 17%, anche se accompagnata parallelamente da un contemporaneo aumento dei prezzi di oltre il 6%.

Napoli, sullo slancio del boom turistico che l’ha vista protagonista negli ultimi anni, ha invece mantenuto stabile domanda e offerta, e tanto interesse per investimenti per affitti brevi: ecco, ripensando anche a quello che abbiamo accennato su Firenze, l’offerta variegata e la concorrenza sono un diritto dei consumatori, ed evitano il rischio di monopolio o almeno di oligarchia di aziende alberghiere allettate ad imporre offerta e prezzi relativi.

Facciamo una considerazione: i progetti di rigenerazione urbana contribuiscono ad aumentare il numero delle compravendite?

È chiaro che investimenti del genere, specialmente in periferia, portano all’aumento del valore per tutta l’area interessata, che diventa più attrattiva: le città che hanno investito in tali progetti hanno creato un ambiente più invitante per gli acquirenti e gli investitori immobiliari, mantenendo stabile o proprio potenziando il mercato.

Gli investitori giocano un ruolo cruciale nel determinare la salute del mercato, ma in questo periodo di incertezza economica, che purtroppo persiste, sono più cauti nei loro movimenti: la loro presenza e le loro attività influenzano notevolmente e inevitabilmente la dinamica delle compravendite immobiliari.

E’ l’aumento dei tassi di interesse che ha di sicuro bloccato il mercato: chi deve accendere un mutuo si sente scoraggiato dall’aumento complessivo del costo di acquisto, chi deve vendere una casa si vede costretto a diminuirne il prezzo a fronte di una minore domanda, chi ha da investire è portato a percepire il mercato immobiliare meno seducente o meno redditizio e preferisce magari rifugiarsi in investimenti alternativi, come titoli di stato, obbligazioni oppure operazioni in borsa,

Le prospettive per i prossimi anni? È difficile fare previsioni certe, ma il trend negativo delle compravendite immobiliari è un segnale importante che richiede un’attenta analisi delle cause: saranno le decisioni delle banche centrali, le decisioni e il coraggio degli acquirenti e di chi vende, la disponibilità dei capitali e le politiche di sviluppo urbano ad avere un ruolo fondamentale nell’indicare la strada che prenderà il mercato immobiliare nei prossimi mesi.

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