La parità di genere è un principio fondamentale che promuove l’uguaglianza tra uomini e donne in tutti gli aspetti della società, economia, istruzione, salute, politica, compreso il mondo del lavoro: per garantire una cultura aziendale inclusiva e contrastare la diversità di genere, le organizzazioni stanno sempre più adottando sistemi di gestione specifici.
I paesi più evoluti da questo punto di vista stanno a Nord, e sono Islanda, Norvegia, Svezia e Finlandia, ma nessuno al mondo ha ancora schiacciato la differenza tra uomini e donne riguardo ai temi inerenti al gender gap: su 156 nazioni prese in considerazione l’Italia è al 63° posto in classifica, ma se osserviamo il tema economia, legato al mondo del lavoro in ogni suo aspetto, siamo solo al 114° posto.
A marzo del 2020, l’Unione Europea ha presentato il documento Gender Equality Strategy 2020-2025, che detta proprio la strategia per la parità di genere, con obiettivi e misure fondamentali ritenuti necessari per conseguire la parità di genere entro il 2025: l’Italia ha recepito questa direttiva tramite il Ministero delle Pari Opportunità già da luglio 2021, e per le aziende che ottengono la Certificazione di parità di genere sono previsti sgravi contributivi e punteggi maggiori nella partecipazione a bandi pubblici.
Uno dei sistemi di gestione studiati è basato sulla Prassi di Riferimento UNI PDR 125:2022, che introduce l’uso di indicatori chiave di prestazione, i KPI, per valutare e migliorare le politiche relative nelle organizzazioni: esaminiamo come questi strumenti possono aiutare le aziende a promuovere l’uguaglianza di genere.
La UNI PDR 125-22 fornisce un quadro strutturato per la creazione, l’implementazione e la valutazione delle politiche di uguaglianza di genere, per aiutare le imprese a identificare, affrontare e monitorare le disuguaglianze nelle loro attività.
I KPI, ovvero gli indicatori chiave di prestazione, svolgono un ruolo cruciale nell’attuazione efficace delle politiche di parità di genere, perché misurano l’andamento delle iniziative volte a promuovere la parità e forniscono dati quantitativi per valutarne il progresso: vediamo alcuni esempi di KPI legati alle politiche di parità di genere.
Percentuale di donne in posizioni di leadership: questo KPI misura quanti dirigenti di sesso femminile ci sono in posizioni di responsabilità all’interno dell’organizzazione, considerando che un aumento di questa percentuale indica un progresso verso l’uguaglianza di genere.
Differenze salariali di genere: si analizzano le differenze retributive tra uomini e donne all’interno dell’organizzazione, dove una riduzione di queste differenze indica un maggior livello di equità salariale.
Tasso di assunzione e promozione di donne: si controlla quanti uomini e donne vengono assunti o promossi in posizioni chiave, visto che un equilibrio tra i sessi in queste decisioni è un segno positivo.
Per utilizzare con successo i KPI nelle politiche di parità di genere, le organizzazioni devono seguire alcuni passi chiave nel proprio processo di valutazione.
Prima di tutto la definizione degli obiettivi, chiari e realistici per quanto riguarda la parità di genere, poi la raccolta dati, accurati e affidabili, per monitorare i KPI, l’analisi dei risultati, grazie ai dati raccolti che devono essere regolarmente analizzati per identificare tendenze e aree in cui sono necessari perfezionamenti, e infine le azioni correttive e i miglioramenti: sempre sulla base dei dati, le organizzazioni devono prendere contromisure per affrontare le disuguaglianze di genere e raggiungere gli obiettivi stabiliti.
L’uso dei KPI nelle politiche di parità di genere è essenziale per valutare il progresso e garantire che le azioni intraprese abbiano un impatto positivo: attraverso l’implementazione di questi strumenti e l’impegno continuo, le aziende possono contribuire a creare ambienti di lavoro più equi e inclusivi per tutti, indipendentemente dal genere.
Non sottovalutiamo il fatto che la certificazione dell’azienda per la UNI PDR 125-22 è sempre più richiesta dalle imprese lungimiranti, anche perché è già entrata nella lista dei requisiti per la partecipazione a gare pubbliche: ma lo scopo va oltre, e si cerca di consolidare il nuovo modello della parità di genere nel tessuto stesso delle organizzazioni, creando un reale cambiamento culturale.
Quindi facciamoci un nodo al fazzoletto e diamoci appuntamento al 2025 per vedere i risultati, sia qui da noi sia nel resto d’Europa: per l’Iran e paesi simili abbiamo, per forza di cose, meno influenza diretta sulla condizione delle donne, e l’unica arma è opporsi, divulgare, trasmettere, parlarne quanto più possibile, per strada, nei media, negli eventi dedicati, nella consegna di premi Nobel!
A Claudia Golin è stato conferito il premio Nobel per l’economia, per i suoi studi sulla disparità di genere nel mondo del lavoro, e questa è una notizia che piace a chi si batte per i diritti delle donne e per l’eliminazione del gender gap.
Ma se tutto rimane su carta non serve a niente: l’impegno per l’uguaglianza di genere non deve essere visto come un’iniziativa temporanea, ma come una parte integrante della missione aziendale: il monitoraggio costante dei progressi e l’adattamento alle mutevoli esigenze sono essenziali per mantenere la trasformazione nel tempo.
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