Ho incontrato Marco, un professore universitario, non vi dico di quale facoltà. Un uomo libero, libero perché può pensare, può studiare, può riflettere. Non solo può farlo, ma soprattutto lo vuole. E abbiamo discusso, davanti a una tazza di tè, dell’ombra dell’inutilità, della passività, della rassegnazione e dell’apatia. Ne abbiamo parlato prendendo spunto dal rapporto di uomini, donne, anziani e giovani con la politica, con la tecnologia, con l’economia, con la scuola.
Nel labirinto intricato della vita, dice Marco, molti si trovano ad essere trascinati dalla corrente, incapaci di trovare la propria voce, la propria direzione. E trema la pelle pensando che chi ha bisogno di essere per forza guidato, anzi condotto, da qualcuno nella vita si ritrova in realtà imprigionato in un vortice di inutilità personale, annegando debole e indifeso nell’assenza di idee proprie e nell’incapacità di forgiare il proprio destino. È proprio un bisogno disperato di un salvatore esterno che si trasforma in una dipendenza tossica, una catena che lo tiene prigioniero della propria esistenza.
Marco ha ragione, e mi fa riflettere: chi si arrende alla volontà di un leader si concede volontariamente come pedina nel suo gioco di potere. Il leader, spesso privo di scrupoli, si nutre della debolezza e della passività di coloro che lo seguono, manipolandoli a suo piacimento per perseguire i suoi fini egoistici, confidando nell’inerzia. Ma la tragedia più grande è che coloro che si abbandonano al leader diventano ciechi alla differenza tra il bene e il male, abbagliati e offuscati dalla promessa di un timone sicuro che li allontana dalla fatica della scelta e dalla responsabilità delle proprie azioni.
“Marco, ma l’inutilità personale diventa così una prigione dorata, una gabbia che soffoca il desiderio di libertà e di autenticità”. E allora è tempo di spezzare le catene, di alzarsi contro l’oppressione dell’obbedienza acritica e di abbracciare la propria individualità con fierezza e coraggio, perché la vera forza risiede nella capacità di pensare in modo indipendente, di seguire la propria visione e di resistere alla tentazione di arrendersi alla volontà degli altri.
Marco mi dice, battendo i pugni sul tavolo, che bisogna rifiutare la passività e abbracciare la propria autenticità con ogni fibra del nostro corpo, del nostro essere. Dobbiamo scavare nelle profondità della nostra anima e ritrovare la voce, la verità, la tua, non di un altro che ci guarda come a guardare un gregge. E Marco insiste: “sii il capitano della tua nave, il regista del tuo destino, e quando incontri quei seducenti personaggi che cercano di attrarti verso la tua rovina e il loro successo, mantieni ferma la tua rotta, fedele al tuo cuore e alla tua coscienza”.
Il mondo ha bisogno di ribelli, di visionari, di individui che osano sfidare consapevolmente la prepotenza, l’inganno, le bugie, e perseguire i propri sogni con passione e determinazione. Marco non permetterà mai a nessuno di spegnere la sua luce interiore, di soffocare la sua fiamma ostinata e indomabile.
Marco, con il suo ultimo sorso di tè, mi dice: “sii fiero della tua cultura personale, della tua unicità, e non temere mai di brillare con tutto il tuo splendore, anche se questo significa camminare da solo lungo il sentiero della verità”.
Abbandona chi usa la menzogna per salire al potere, chi raggira il popolo, chi si costruisce una trincea con l’inganno, chi usa l’ignoranza e, anzi, la alimenta per sfuggire al giudizio dell’intelligenza.
E mentre ti alzi contro il vento della manipolazione, ricorda sempre che la tua voce, la tua verità è la tua più grande arma contro le tenebre del conformismo e della passività.
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