Premessa
Il libro che pubblico a puntate è un racconto burlesco in cui una miriade di situazioni brevi si intrecciano affannosamente: il titolo ha origine dal fatto che in effetti l’inizio della stesura del testo coincise con la scomparsa della sinistra e la sua fantomatica deriva verso un improbabile centro moderato.
Filo conduttore la vita sregolata e i ricordi licenziosi di un personaggio, raccontato in prima persona, che vuole iniziare a scrivere un libro e ricorda episodi paradossali della sua vita: tutto sta a cominciare, come disse Ferrara davanti all’antipasto di mare durante una cena con i vertici socialisti.
Così i suoi ricordi spaziano dai sensuali massaggi alle amicizie nate in carcere dopo essere stato arrestato in bizzarre circostanze, alle improbabili situazioni vissute con stravaganti combriccole, alle sere passate in birreria con il suo caro amico Otto, ai voluttuosi idromassaggi: sognava di trovarsi immerso nella giungla selvaggia dell’Africa centrale, ai piedi di una roboante cascata dove il frastuono imponente dell’acqua che sfociava impetuosa ad amare con desiderio incontenibile l’ansioso lago sottostante copriva l’impaziente canto degli uccellini in amore, mentre la nebbia impalpabile che svelava il compiuto, magico amplesso, si ergeva d’incanto per poi avvolgere leggera un giardino selvatico di felci circondato da palme tropicali e pini silvestri: non ha mai capito che cazzo ci stessero a fare nei suoi sogni tropicali quei cazzo di pini silvestri alpini.
E’ un generoso, e la maggior parte dei suoi soldi li spende nel traffico romano sorridendo benevolmente a polacchi, marocchini e albanesi che gentilmente prima, e con la forza poi, chiedono il permesso di lavargli i vetri dell’automobile: bisogna dare a Cesare ciò che è di Cesare, come disse Craxi dividendo una tangente di trecento milioni con un paio di innominabili amici del partito.
Oltre alla distrazione genetica, sua madre ha sempre tentato di trasmettergli una fervente fede religiosa, che ultimamente è diventata, devo dire, un po’ esagerata: il che si nota specialmente quando, aprendo lo sportello dello scolapiatti, invece di pentole gocciolanti cadono giù dal primo ripiano le ultime annate di Famiglia Cristiana, varie versioni originali della Bibbia illustrata e il manuale del perfetto praticante, edizione con costola dorata.
In tavola non mancano mai pane azzimo e vino benedetto, mentre Radio Maria accompagna per l’intera giornata le sue tipiche azioni da casalinga convinta, e quando si accorge che sta per uscire di casa arriva di corsa a salutarlo dandogli non semplicemente un bacio affettuoso sulla guancia, ma addirittura la solenne benedizione Urbi et Orbi.
Che Dio ce la mandi buona, come disse Emilio Fede sapendo dell’arrivo della nuova segretaria.
Spesso confondeva la bambola gonfiabile con il materassino, come quel giorno in cui non aveva messo le lenti a contatto, e non si accorse di prendere l’una al posto dell’altro.
Venne arrestato sul lungomare pontino per atti osceni in luogo pubblico mentre tentava di salire prono sulla bionda plastificata, con una goffaggine apparentemente libidinosa che dava l’idea di una imprudente voluttuosità.
Sarà facile capire gli sforzi che faceva tempo fa nel contenere i suoi istinti e le sue vampate di passione, anche considerando che gli ultimi quattro anni li trascorse in un monastero tibetano dove aveva gentilmente accompagnato Pasquale, un vecchietto del paese dei suoi nonni, che aveva espresso questo ultimo desiderio prima di un imminente e, a dire dei medici, inevitabile decesso a causa di una inguaribile malattia.
Dal momento del loro arrivo sul Monte si susseguirono ininterrotti quattro anni di infernali tempeste di neve che non dettero loro la possibilità di tornare a casa.
Gli unici due esseri viventi dell’altro sesso presenti erano una scimmia mostruosamente pelosa e una contadina novantenne ancora vergine, a suo dire, che finì con l’essere corteggiata da Pasquale, con il quale ancora convive dopo aver scoperto il sesso più spinto, stimolati dalla lettura del manoscritto originale del Kamasutra, lì fatalmente conservato.
Così per quattro anni, tagliato fuori dal mondo per l’assenza di televisione, radio, computer e perfino di Mac Donald’s, ha subìto le invadenti avances della scimmia che gli mostrava provocante il suo coloratissimo didietro muovendolo, devo confessare, con una certa grazia.
Beh, non mi guardate con quella faccia lì: anche le bestie le ha fatte il Signore, come disse Don Mazzi quando la Carrà gli presentò Sergio Japino.
D’altra parte non tutti siamo uguali, perché la nostra eredità genetica causa durante la crescita uno sviluppo diverso, per cui c’è chi diventa biondo, chi moro, chi alto, chi calvo, malgrado da piccolo dimostri magari tutto il contrario.
Pensate che fino a tredici anni Craxi era addirittura onesto!
A proposito, l’associazione Fans delle Tangenti Plurimiliardarie ha organizzato in questi giorni un’asta di beneficenza per le famiglie in miseria di ex assessori socialisti, per la salvaguardia del diritto al mantenimento del tenore di vita: pezzo forte dell’asta è l’originale ricevuta di tre miliardi e ottocento milioni, più le spese postali, versata a Craxi per la costruzione delle nuove aule di giustizia del tribunale di Milano.
Comunque non facciamo di tutta l’erba un fascio, anche perché ci vorrebbe una cartina troppo grossa, come disse Pannella al suo arrivo in Colombia.
E poi compare la bella Miriam: si era sposata quarantaduenne, e capì che il suo bambino di nove anni stava ormai crescendo quando lo portò dal pediatra per una influenza, e questi gli proibì tassativamente alcool, donne e fumo.
A proposito di sanità, mi ricordo del leggendario nipote catanese della mia portiera, irriducibile dongiovanni, che in primavera inoltrata guidava temerario la sua virile fuoriserie cabrio su una lunghissima strada asfaltata, sfrecciando con i capelli al vento in compagnia di una stupenda romana dai capelli dorati, che lo ammirava estasiata per tanto coraggio e ne fissava lo sguardo fermo e intrepido.
Lo sguardo però cominciò a vacillare non appena capì che avevano distrattamente imboccato la pista numero tre dell’aeroporto di Linate, proprio in coincidenza con l’atterraggio di un charter boliviano pilotato da un ex kamikaze dell’aviazione giapponese.
Si risvegliarono in ospedale, uno vicino all’altra, circondati da una schiera foltissima di medici in camice bianco fra cui primeggiava un distinto signore con la barba che sembrava essere il primario del reparto.
“Cosa è successo dottore?”, chiese con voce tremolante lei, mentre quello replicò: “Mi dispiace, piccola, ma io sono Dio”.
Cose dell’altro mondo, come disse Pannella constatando gli effetti speciali di uno spinello marocchino durante la proiezione di un film di fantascienza araboisraeliano.
Buona lettura, …. e non prendetevi troppo sul serio!